Negli ultimi anni, stiamo assistendo a una presa di coscienza collettiva sul’impatto che le attività umane hanno sul pianeta. È un argomento complesso, che abbiamo il dovere di affrontare da punti di vista molto diversi. La crisi ambientale è un “iperoggetto” – come direbbe il filosofo Timothy Morton – che ci costringe a prendere coscienza che “non c’è un fuori” e che la nostra esistenza si svolge all’iinterno di sistemi interconnessi. La Fondazione OELLE prende in prestito il concetto di sostenibilità sociale, che permette la coesione di una società in grado di sostenerne i membri che, collaborando allo scopo di raggiungere obiettivi comuni, siano anche in grado di raggiungere il benessere individuale.
Un paradigma delle scienze sociali è il concetto di uguaglianza. Attorno questo concetto ruota la selezione oggi proposta:
opere nate dal dialogo con la natura e dall’ascolto dei luoghi. Megalopoli in continua espansione e rovine da re-inventare. Sequenze di immagini che ci sollecitano a re-immaginare un futuro possibile e non utopico.
Nato durante l’emergenza Covid-19 per celebrare la straordinarietà di una devozione silenziosa, il progetto Agata on the road, promosso dalla Fondazione OELLE Mediterraneo Antico ETS, giunge quest’anno alla sua quinta edizione. Questa iniziativa si è evoluta in un appuntamento di grande contemporaneità, mettendo in luce il connubio tra arte, cultura e tradizione agatina.
Poesia è la prima parola che mi rimanda all’arte di Anna Tusa: un pensiero – o piuttosto una visione – che supera la barriera dell’immagine e colpisce i nervi scoperti di ciascuno di noi, ci disarma e ci mette davanti alle nostre fragilità, specchio in frantumi che riflette le nostre multiple immagini.
Questa mostra parla di un collezionista d’altri tempi, romanticamente e fortemente legato ad una visione per la quale l’opera, nel valore artistico e unicità, l’unico simbolo in grado di rappresentare il suo amore per l’arte.