A ventuno anni dalla prima mostra realizzata a Taormina nel dicembre 1999 e le successive edizioni realizzate (l’ultima, GE/14 Altro dalle immagini, nel 2014), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino e Fondazione Oelle di Catania celebrano questo lungo ciclo di mostre e altri eventi che hanno contraddistinto in maniera significativa ben quattro lustri di ricerca fotografica in Italia con una nuova esposizione dal titolo emblematico GE/19 Boiling Projects.
Venticinque gli artisti invitati, fra i quali ritroviamo Luca Campigotto, Paola De Pietri, Alessandra Spranzi, Francesco Jodice, Antonio Biasiucci, Pino Musi, Carmelo Nicosia, Daniele De Lonti, Luca Andreoni, Tancredi Mangano e Antonio Fortugno, fotografi che nel 1999 erano considerati “emergenti” e che oggi figurano come riferimenti per le generazioni più giovani.
Da allora la fotografia in Italia ha percorso molte strade, fra loro anche assai diverse, ampliando gli orizzonti e soprattutto il senso che all’immagine oggi si vorrebbe dare: un contenitore d’idee e progetti che fermentano, trovando soluzioni che paiono talvolta in linea con il momento storico in cui viviamo, altre volte proponendosi come vie di fuga o, ancora, come specchio di condizioni esistenziali, come traspare dalle opere di autori più giovani quali Claudio Gobbi, Gianni Troilo, il duo formato da Tommaso Fiscaletti e Nic Grober, Gianni Ferrero Merlino, Francesco Cardarelli, Nicolò Degiorgis, Luca Pozzi, sino ad arrivare a Renato Leotta, Marco Tagliafico, Paola Pasquaretta, Tiziano Mainieri, Elisa Crostella, Giuliano Severini e Francesco Di Giovanni.
Fotografie, film, installazioni, documentazioni di performance, racconti per immagini.
Una raccolta di “work in progress” in apparenza eterogenea che, nel suo insieme, appare comunque compatta quanto a capacità espressiva e modalità comunicativa.
Poesia è la prima parola che mi rimanda all’arte di Anna Tusa: un pensiero – o piuttosto una visione – che supera la barriera dell’immagine e colpisce i nervi scoperti di ciascuno di noi, ci disarma e ci mette davanti alle nostre fragilità, specchio in frantumi che riflette le nostre multiple immagini.
Questa mostra parla di un collezionista d’altri tempi, romanticamente e fortemente legato ad una visione per la quale l’opera, nel valore artistico e unicità, l’unico simbolo in grado di rappresentare il suo amore per l’arte.